Suor Maria Dalmazia di san Carlo, al secolo Luigia Nozza, nasce a Bergamo, il 4 marzo 1913.
Entra fra le Terziarie Cappuccine e, dopo il Postulato comincia il Noviziato a Genova il 6 ottobre 1932. Emette la prima Professione a Loano due anni dopo e la Professione perpetua ad Harrar il 24 ottobre 1937.

«(…) Tempra tenace rispose con ardente entusiasmo alla vocazione missionaria e la visse gioiosa per sei anni in Harrar, dedicata agli ammalati dell’Ospedale indigeno. Le vicende belliche la fecero rientrare in Italia nel 1942, ma oramai il suo cuore non palpitava che per l’Africa! Il suo desiderio sempre il medesimo: ritornare. Per le consorelle e per chi l’avvicinava, era concorde l’impressione: “sofferente di mal d’Africa” (…)» (da “Un ideale vissuto” n. 5-1964).

Dopo il ritorno da Harrar opera come infermiera nell’Ospedale di Alzano Lombardo dal 1943 al 1947, da cui è trasferita temporaneamente per il servizio nella Clinica “Castelli” di Bergamo. Torna ad Alzano dal 1959 al 1964. Nel 1964 fa parte del gruppo delle missionarie italiane in Etiopia e opera prevalentemente a Dellé dove dirige un ambulatorio. Dal 1969 alterna periodi di riposo in Italia a ritorni in l’Africa, dove presta la sua attività evangelizzatrice e infermieristica a Barentu e Dellé.
Ritorna definitivamente, per ragioni di salute, in Italia nell’ottobre del 1975.
Nel 1978 è nella casa di Genova-Quarto a riposo.
Muore a Bergamo il 29 aprile 1999.

Nell’ASCG è conservato il Fondo Dellé, costituito da un unico documento: la Cronaca. Il manoscritto è stato redatto da sr. M. Dalmazia Nozza e narra le vicende della piccola stazione missionaria di Dellé, di cui la stessa cronista è testimone pressocchè ininterrotta, e spesso protagonista, dal giugno del 1965 al giugno del 1972. La narrazione è essenziale e non perché non ci sia di che raccontare, bensì, come dice la cronista: «(…) in missione il tempo è tutto per gli altri». Essenziale dunque, ma non priva di calore e di uno sguardo di profonda simpatia e com-passione per quanti arrivano alla missione.
Di seguito pubblichiamo alcuni brani che, più di altri, fotografano la quotidianità variegata della vita missionaria, fatta di semplicità, di dedizione per coloro che soffrono e si trovano in uno stato di debolezza e bisogno, ma anche di ricerca inesausta del Signore e della sua volontà soprattutto di fronte ad episodi drammatici.

«Nel nome del Signore.
3 giugno 1965
Col merito della S. Ubbidienza oggi, 3 giugno, entriamo nella nuova stazione missionaria di Dellé, zona completamente mussulmana, pagana, primitiva Leggi di più
«Nell'ambulatorio ogni giorno si presta servizio ai molti ammalati che si presentano, di ogni razza e tribù, che, al primo vederli, facevano paura, armati com’erano di coltelli, spade e bastoni, e che ci guardavano come bestie rare Leggi di più
17 luglio 1967
«I giorni si susseguono burrascosi; voci di odio, di vendette, di morte per questioni politiche e religiose. Un presentimento ci diceva in fondo all’animo: “Tutto dovremo abbandonare”… Leggi di più
20 luglio
Pronta per scendere in paese per l’istruzione religiosa, mi si fa presente, da due giovani Catechiste, la riunione degli uomini con le truppe eritree, segno che qualcosa di grave si attende. Leggi di più
21 luglio
Altro allarme, più spaventoso del precedente. Leggi di più
22 luglio
S. Messa e consumazione delle specie eucaristiche. Un vuoto, un freddo, una cappa di ferro sembrava ci volesse schiacciare ormai prive di Gesù, di Colui che fu sempre il nostro compagno, la nostra forza, il nostro aiuto, il nostro conforto! Leggi di più
23 luglio
Per noi non contava più nulla. Tutto ciò che avveniva intorno a noi non aveva più importanza. Leggi di più
22 ottobre 1969
«Dopo due anni e quattro mesi di chiusura della Missione per motivi bellici, venne il giorno dell’apertura, Leggi di più
1971
«Il capo-paese, e tutto il suo consiglio di musulmani, ci invitarono ad aprire una scuola, un laboratorio per ragazze e l’ambulatorio settimanale. Leggi di più
«Il S. Natale è una giornata che anche il selvaggio sente: la Messa di mezzanotte, che con trepidazione, per cause belliche, si ascolta, è come un braciere d’incenso che sale. È la preghiera che ognuno mormora nella propria lingua, Cumana, Beniamer, Baria, Araba, Abissina, Tigrè…Sì, tutti pregano e credono a loro modo. Ma pregano e credono».