«Nell’anno 1942 recatosi a Genova al nostro Convento (…) il R. P. Placido da Pavullo ofmcap della Provincia di Parma, Guardiano del Convento di Reggio Emilia, proponeva alla M. Generale e Madri del suo Consiglio di voler accettare l’eredità della munifica Sig.a Virginia in Ramolini di Reggio Emilia, Terziaria francescana, quanto essa a beneficio di opere buone intendeva stabilire dei suoi beni: la casa che in centro Reggio abitava e la grande tenuta di appezzamento di terreno che i Coloni coltivavano tenuta in affitto. Di detta Sig[nora] sua intenzione era che i suoi beni fossero affidati ad una religiosa Comunità di Suore per l’assistenza a domicilio dei malati poveri nella città di Reggio. Dopo istanza del R. P. P[lacido] per soddisfare al desiderio della Sig[nora] che desiderava prima di morire, perché già tanto ammalata, di vedere appoggiate le sue disposizioni, si risolvè, dal consiglio generale di nostra Congregazione, di accettarne l’impegno di buona volontà e di darne compimento appena possibile. Per prima cosa fu consigliato di essere di sollievo nella sofferenza alla Sig[nora] assistendola Essa nella sua Palazzina (…). Per suggerimento di P. Placido di Parma fu mandata per assistere la Sig.a Virginia, Sr. M. Salesia di S. Gaetano [Lavazza], accompagnata dalla Ass. Me Francesca di Gesù, Vicaria generale [Martini]. La Suora compì il suo compito di assistenza con amore ed abnegazione sino a che la ottima Benefattrice chiuse la sua mortale carriera con una morte edificante il 7 aprile 1943 (…) rimase (…) a custodire la casa ed i beni (…) Il 1° giugno la Rev. Madre Generale mandò Sr. Lucina [Brivio] a far compagnia a Sr. Salesia e vi restò fino al 1° dicembre (…) Il 26 dicembre dello stesso anno 1943 la M. Pierina [Maggi] (…) accompagnò qui Sr. M. Eulalia [Azzola]. Nell’attesa di poter iniziare la Missione di bene voluta dalla Defunta (…) le Suore si dedicarono a distribuire le minestre ai poveri dei nostri RR. Padri ed al lavoro di cucito per gli stessi RR. Padri del Convento di Reggio. S. Ecc. Mons. Vescovo Edoardo Brettoni concesse alle Suore di restare in Diocesi ma non di dare principio alla Missione (…) Il giorno 1° dicembre 1945 venne la Rev. Madre Pia [Vernazza] accompagnata dalla M. Pierina [Maggi], Economa generale, e con loro hanno pure portato Sr. Maria degli Angeli [Persico] e con l’intenzione di dare principio all’opera. Ma pur troppo (sic) anche questa volta andò fallita la buona volontà, essendo da poco tempo che era morto il Monsignor Vescovo, il Vicario non l’ha permesso dicendole di attendere il nuovo Vescovo». La vicenda della Casa è narrata nella Relazione di Madre M. Anacleta alla Santa Sede:
«A Reggio Emilia, morendo la Signora Virginia Ramolini Ved. Nicolini nell’aprile 1943 che venne assistita dalle nostre Suore, faceva all’Istituto con suo Testamento olografo, l’intero usufrutto della sua Villetta in Reggio E. e di un fondo in Rivalta (a pochi km da Reggio Emilia) con l’obbligo che l’Istituto mantenesse in detta città n. 10 Suore per l’assistenza dei malati poveri a domicilio. I detti stabili erano stati intestati al Collegio Missionario di S. Giuseppe da Leonessa dei R.R. Padri Cappuccini di Reggio Emilia e, deceduta la Signore, due Suore restarono nella Villetta di Reggio col consenso dell’Ordinario per custodire la casa in attesa che, cessata la guerra, si potesse iniziare l’opera voluta dalla Pia Benefattrice».
Nel testamento olografo, datato il 21 aprile 1944 la Sig.a Ramolini «(…) lasciava erede di tutte le sue sostanze mobili e immobili comprese le relative scorte, biancheria e mobilio e suppellettili al Collegio Missionario di S. Giuseppe da Leonessa con sede in Reggio Emilia (…) col preciso scopo di dare l’intero usufrutto della casa sita in A. Peri n° 4 e del fondo posto in Villa Rivalta denominato Pinotta con annesso Caseificio, all’Istituto delle Suore Terziarie Cappuccine della Madre Francesca Rubatto che hanno la Casa generalizia in Genova (…) In detto testamento (…) lasciava al marito l’usufrutto di un terzo dei suoi beni (…) il Dott. Nicolini [coniuge n.d.A.] è venuto alla determinazione di donare all’erede Collegio (…) l’intero usufrutto che a lui compete sulla eredità della moglie».
Tuttavia una relazione di Madre M. Anacleta Bianchini del 20 maggio 1946 informa che le suddette disposizioni testamentarie non vennero adempiute «(…) Sorsero questioni col marito della Defunta che invece di un terzo come le veniva assegnato nel testamento richiese i due terzi che le spettavano per legge, deceduto in seguito a bombardamento aereo, rimasero gli eredi che in fine furono tacitati a fine Novembre 1945. Ma in attesa sempre del consenso dell’Ordinario, che non si potè ottenere neppure dopo la morte di S. Ecc. Monsignor Vescovo, non fu possibile iniziare l’opera. Perdurando questo stato di cose e a motivo pure di diversità di vedute tra noi e i RR. Padri del Collegio Missionario di Reggio E., prevedendo che non ci sarebbe quel buon accordo tanto necessario allo svolgimento dell’opera (…) siamo venute nella determinazione di ritirarci da Reggio, rinunciando così in pari tempo all’usufrutto ed all’opera di assistenza ai malati, lasciando che i RR. Padri, come dice il testamento, ci sostituiscano con altra Comunità Religiosa avente le stesse finalità» . Dalla corrispondenza della Madre generale con dei Padri Cappuccini , in vario modo legati alla vicenda, il 18 febbraio 1946 si apprende che, nonostante il diritto di usufrutto delle Suore su tutta la casa (il 21 marzo 1944 l’Istituto aveva saldato la parte restante al marito della Defunta), il P. Provinciale la mise in vendita ad insaputa delle Suore e senza il loro consenso. Pertanto nel giugno del 1946 le Suore lasciarono la Casa, già in parte occupata dall’acquirente, per l’insistenza della Provincia cappuccina.
Ad una nuova proposta di tornare a Reggio Emilia «(…) entrando in possesso di quanto gli [all’Istituto n.d.A.] appartiene, senza quelle condizioni che vi avevano allontanato» sr. M. Pia Vernazza, allora Vicaria, in assenza della Madre generale, e in sua vece, dopo essersi consigliata con p. Agatangelo da Langasco ofmcap, Procuratore generale, rispose tra l’altro: «(…) non è certo nostra intenzione ritornare a Reggio e siamo ben contente se l’opera voluta dalla Defunta Signora Ramolini verrà ugualmente iniziata da Altri (…) è ben chiaro che i motivi per cui si siamo ritirate anni addietro, motivi che provenivano dall’impostazione stessa data alla Pia Fondazione, non solo rimangono, ma si sono aggravati in seguito a nuove circostanze, ad affrontare le quali dovremmo correre il rischio di nuove delusioni e di nuove difficoltà, non fosse altro perché in tal modo l’inizio dell’Opera Ramolini verrebbe ancora dilazionata per chissà quanto tempo».
Il Fondo consiste nell’unico documento d’archivio della Casa conservato a testimonianza della breve presenza delle Terziarie a Reggio Emilia, avvenuta tra il 1942 e il 1945. La documentazione faceva parte del versamento compiuto dall’Archivio della Curia provinciale italiana all’ASCG il 9 gennaio 2016 di n. 1 busta denominata “Fondazione di Reggio Emilia” nella quale, insieme al corrispondenza afferente alla Curia, confluita in FCg, serie Case Istituto, era conservato il quaderno che costituisce il presente Fondo.

Estremi cronologici: 1946 ca.
Consistenza: n. 1 quaderno

serie CRONACA
Estremi cronologici: 1946 ca.
Consistenza: n. 1 quaderno
Descrizione: Le memorie della Casa intitolate “Relazione d'inizio Opera di bene a noi proposta in Reggio Emilia, per desiderio della Def.ta Sig.ra Virginia Ramolini in Nicoli. Sua abitazione palazzina in Via Achille Peri n. 4” consistono in poche pagine con una breve cronistoria della presenza delle Terziarie a Reggio Emilia; vi si riportano i nomi delle Suore che vi si sono avvicendate e le sporadiche visite della Madre generale. Al quaderno è allegata una minuta scritta a matita che, per la grafia, può risalire a sr. Salesia [Lavazza].